“La guida appena menzionata illustra, con la sua stessa esistenza, che anche i genitori si sono talmente abituati ad affidarsi allo Stato non solo per l’istruzione, ma anche per l’educazione stessa dei figli, che lo Stato ritiene suo dovere assisterli con i suoi consigli, quando, per disgrazia, si ritrovano con i loro figli in braccio. Reciprocamente, in tempi ordinari, i genitori ritengono che gli insegnanti falliscano nel loro compito, se non giungono a istruire adeguatamente i figli non educati che mandano a scuola: che se la sbrogli lo Stato con il suo ministero dell’Educazione che si ritiene più competente di loro. Come si è giunti a questo punto? All’inizio, lo Stato intendeva dare a tutti i bambini un certo tipo di istruzione, inculcare un certo numero di saperi organizzati che molti genitori non erano in grado di poter dar loro. Le cose, però, non si sono fermate qui. Rapidamente, l’influenza statale aumentava, anche nella misura in cui genitori, famiglie, comunità, adulti in generale, disimparavano a sentirsi responsabili dell’educazione dei figli, facendola diventare, per così dire, un monopolio dell’istituzione scolastica. Il problema è che in una situazione di monopolio, la scuola crolla, sotto il peso che grava su essa, strutturalmente incapace come è di assolvere al compito titanico che le viene assegnato. Da qui l’apparente paradosso: più l’istituzione scolastica diviene potente, più diventa impotente. Semplice conseguenza, in effetti, del fatto che le responsabilità di cui è stata caricata sono cresciute più in fretta dei mezzi pur colossali che le venivano assegnati. Paradossalmente per ogni grande problema con il quale veniamo a confronto, gli esperti dichiarano che la soluzione «passa per l’educazione» – il che significa, in idioma contemporaneo: dalla scuola.
Essa, all’inizio, era tenuta a insegnare a bambini educati altrove, la lettura, la scrittura e il calcolo e, in seguito, alcune materie principali aumentate con alcune materie «accessorie». Eccola ora che deve trasmettere alcuni saper-essere (anche solo il minimo di calma e concentrazione necessaria per imparare qualcosa), educare al vivere insieme (anche solo imparare a vedersi come uno tra gli altri), stabilire un’etica della discussione, sensibilizzare a uno sviluppo per gradi e costante, far evolvere le mentalità, promuovere una società inclusiva e lottare contro il razzismo e l’antisemitismo, l’omofobia e la trans-fobia, i pregiudizi e gli stereotipi di genere, garantire l’eccellenza per tutti, sviluppare le competenze psico-sociali, iniziare alle pratiche artistiche, insegnare a mangiare in modo equilibrato, a padroneggiare le nuove tecnologie, e identificare e respingere le fake news – l’elenco è infinito”
* Tratto da: “L’idolatria della vita”, di Olivier Rey, Società Editrice Fiorentina