Il Sistema periodico: Idrogeno – Primo Levi

“Non avevamo dubbi: saremmo stati chimici, ma le nostre aspettazioni e speranze erano diverse. Enrico chiedeva alla chimica, ragionevolmente, gli strumenti per il guadagno e per una vita sicura. Io chiedevo tutt’altro: per me la chimica rappresentava una nuvola indefinita di potenze future, che avvolgeva il mio avvenire in nere volute lacerate da bagliori di fuoco, simile a quella che occultava il monte Sinai. Come Mosè, da quella nuvola attendevo la mia legge, l’ordine in me, attorno a me e nel mondo. Ero sazio di libri, che pure continuavo a ingoiare con voracità indiscreta, e cercavo un’altra chiave per i sommi veri: una chiave ci doveva pur essere, ed ero
sicuro che, per una qualche mostruosa congiura ai danni miei e del mondo, non l’avrei avuta dalla scuola. A scuola mi somministravano tonnellate di nozioni che digerivo con diligenza, ma che non mi riscaldavano le vene. Guardavo gonfiare le gemme in primavera, luccicare la mica nel granito, le mie stesse mani, e dicevo dentro di me: “Capirò anche questo, capirò tutto, ma non come loro vogliono. Troverò una scorciatoia, mi farò un grimaldello, forzerò le porte”. Era snervante, nauseante, ascoltare discorsi sul problema dell’essere e del conoscere, quando tutto intorno a noi era mistero che premeva per svelarsi: il legno vetusto dei banchi, la sfera del sole di là dai vetri e dai tetti, il volo vano dei pappi nell’aria di giugno. Ecco: tutti i filosofi e tutti gli eserciti del mondo sarebbero stati capaci di costruire questo moscerino? No, e neppure di comprenderlo: questa era una vergogna e un abominio, bisognava trovare un’altra strada.

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