Frasi liberamente tratte dal libro: “Ho sete, per piacere” di Vittoria Maioli Sanese, psicologa di coppia
della famiglia, edito da Marietti.
La genitorialità è una caratteristica a cui la persona, nei passaggi di livello della sua vita,
accede. Perciò, indipendentemente dall’essere sposati o meno, dall’avere figli, dobbiamo affermare che la
persona adulta è genitore…..
La genitorialità è caratteristica della personalità adulta. E’ la capacità di rionoscere che si è fatti per
trasmettere, che si è capaci di aiutare un altro ad essere se stesso: di definire l’altro, di dargli il
suo io. Nella famiglia però l’essere genitori ha una radice di esperienza più particolare e profonda: la
coniugalità. Il riconoscimento del proprio essere persona adulta capace di generare consente
di mettersi in gioco con un’altra persona – un uomo, una donna – cosicchè essi, reciprocamente,
si donano il potere di generare, dal livello biologico fino alla realizzazione di tutti i livelli dell’uomo.
Il genitore è colui che riconoscendo la propria identità adulta, accetta la propria capacità di generare,
e sceglie, aderisce alla generazione, a questo aspetto così travolgente, radicale e profondo,
dell’esperienza umana….
Il genitore diventa un punto di confronto, un punto di paragone per tutta la vita. Io credo che sia molto più facile
“fare” il genitore. Infatti la maggior parte dei genitori oggi sceglie di fare il genitore e non di esserlo.
Al contrario quel che ho descritto è un’identità: l’identità genitoriale. E’ la tua persona che porta a compimento
il tuo essere adulto fino alla genitorialità, nel coinvolgimento totale con un’altra persona, che rendi padre, che rendi madre,
di cui ti assumi la responsabilità per tutta la vita, dentro il rapporto coniugale. Si è genitore, non si fa il genitore…..
….Il genitore non è educatore. Non nel senso che non possa educare, ma nel senso che “deve” essere genitore,
non “fare” il genitore.<br>Il genitore, infatti, educa, in quanto genitore, non in quanto capace di usare gli strumenti
tipici dell’educatore.<p>
Il canale attraverso cui passa e si irradia la genitorialità è qualcosa che si incontra. Ciò che passa
dal genitore al figlio non è un discorso sul comportamento, non avviene soffermandosi in tante
spiegazioni su cosa si debba fare o non fare. Certo, è più facile fare il genitore che esserlo, perchè essere genitore
vuol dire accettare l’idea che tutto di me influenza mio figlio e, questo, credo, renderebbe i nostri sonni
meno tranquilli o forse ci costringerebbe a trattare in modo serio la nostra vita.<p>
Un esito malefico – non credo di esagerare – che deriva di conseguenza dall’assunzione preponderante
del livello biologico e del compito educativo, è concepirsi a servizio del figlio. Ciò sposta e deforma tutta
la natura del rapporto, perchè il genitore diventa – si concepisce- strumentale al benessere del figlio,
un vero e proprio procacciatore di risposte ai bisogni del figlio. Ne consegue un’attenzione esagerata ai bisogni, per cui sono una brava genitrice nella misura in cui son capace di capire i bisogni di mio figlio, interpretarli e rispondervi.
L’unico bisogno del figlio è il genitore! Credo che oggi il genitore faccia una fatica tremenda a concepirsi così.
Dopo di che si apre una falla enorme: chi stabilisce i bisogni? Il figlio? Ma lui non può
avere potere decisionale sui propri bisogni! Per questo abbiamo oggi tutti questi bimbi dittatori,
irrequieti, ipercinetici, ansiosi! Il rapporto si deforma: abbiamo un genitore che identifica
la propria genitorialità con il servizio ai bisogni del figlio e così, mettendosi al suo servizio, lo
fa diventare immediatamente un bambino capace di decidere, padrone del tempo, del genitore, padrone della
propria vita. Un bambino che non ascolta nessuno, incapace di dipendere, incapace di obbedire e di seguire.
L’esser padre, l’esser madre, è un’identità, il modo con cui ci si guarda: un evento. Non è il figlio
che ti fa diventare padre e madre. L’evento genitorialità nasce dall’evento coppia. Non è il figlio che
ti ha reso genitore: è tua moglie che ti ha reso padre, è tuo marito che ti ha resa madre. Al contrario, due persone
al servizio del figlio, non accedono mai alla paternità o alla maternità, lasciano questo evento, così
profondo e definitivo, al livello del sentimento e del comportamento dell’altro.
Il bambino, a seconda di come lo trattiamo, impara la definizione di sè e impara a vivere.
Penserà: io chi sono? Io sono il centro della vita, io devo essere servito, io devo trovare qualcuno che fa tutto
al mio posto. Stranamente, il tipo di rapporto che oggi si intravede nella famiglia è un rapporto sostitutivo:
il genitore si sostituisce al figlio su tutto. Gli dice tutto, non lo interpella, non lo interroga, non lo fa emergere…
…..
Chi vi fa diventare genitori non è il figlio, ma la relazione coniugale. Il cuore della coniugalità consiste
in questo scambio reciproco della realizzazione piena di sè. L’amore coniugale è il luogo dell’io e del tu, è il
luogo della diversità totale e dell’identità totale. Non esiste il “noi”…