Una parola, per concludere, sul clima che ci circonda.
L’esperienza totalitaria ha ispirato ad Hannah Arendt questa idea semplice e luminosa: non è l’uomo che abita la terra, una specie e i suoi rappresentanti, sono gli uomini nella loro infinita diversità. I totalitarismi non erano certo degli umanismi, tuttavia, prefiggendosi la missione di fare l’uomo, questi sistemi politici consideravano i loro oppositori, nel migliore dei casi, dei rifiuti storici, nel peggiore degli anti uomini. Dopo la caduta del comunismo, come molti, ero convinto che, poiché la divisione del mondo in due forze antagoniste aveva fatto il suo tempo, il dibattito pubblico potesse riprendere e offrire a ciascuno la possibilità di essere messo in discussione, inquietato, se non addirittura istruito da quelli che non la pensano come lui. Credevo che, con il gusto della democrazia, avessimo riscoperto l’esercizio della modestia. Mi sono sbagliato. Sono stato troppo precipitoso. La riconciliazione con la pluralità degli uomini non c’è stata e questo fallimento riguarda la democrazia stessa. Questo regime fondato sulla deliberazione dei cittadini é anche, in maniera contraddittoria, un processo di perequazione delle condizioni e di emancipazione senza fine degli individui. Il processo non ammette discussioni. Il progresso non è negoziabile. Coincide con la realizzazione del Bene e gli sembra inconcepibile tanto guardare indietro che perdersi per strada. Disprezzo dell’inerzia, odio della nostra nostalgia, stupore e stizza per il fatto che ci siamo ancora bastoni tra le ruote dell’eguale libertà: i portavoce del movimento democratico considerano i recalcitranti non come degli interlocutoru, ma come degli ostacoli. Non hanno nulla da imparare da loro, non lasciano alcuno spazio alle loro le rimostranze, si indignano persino di vederli occupare la superficie della terra oltre la loro data di scadenza: “Cosa ci fa ancora qui gente del genere? Come si può perdere il proprio tempo a discutere con loro?”, si chiedono, sbalorditi e scandalizzati. Questi democratici di secondo tipo praticano ininterrottamente l’esercizio della sufficienza. I loro avversari sono i rappresentanti deplorevoli di un mondo condannato o, per dirla in maniera più brutale, degli esseri viventi che non sanno ancora di essere morti. Dinanzi ai reazionari, agli oscurantisti, ai tradizionalisti e alla coalizione di tutte le fobie, c’è, effettivamente, un solo partito dell’uomo (o meglio dell’essere umano, come si dice oggi per non offendere nessuno ).
Il totalitarismo è stato sconfitto, ma il suo senso resta catturato nel senso della storia.
Lessing, uno degli autori del pantheon arendtiano, ha scritto: “Trovo un po’ eccessiva la versione del pubblico attuale verso tutto ciò che viene chiamato polemica o ha l’aria di esserlo. Sembra che ci dimentichiamo a quante domande importanti si è potuto rispondere solamente grazie agli avversari e che gli uomini non sarebbero d’accordo su nessuna cosa se non avessero litigato su nulla”. Ciò che caratterizza il nostro tempo non è lo sforzo irenico o timoroso di evitare le dispute, é la loro sostituzione con la feroce pratica della scomunica. E il risultato è lo stesso: con la gogna al posto della polemica, la versione e l’oblio che rattristavano Lessing sono più che mai attuali. Invece di permettere che si sviluppino e si confrontino differenti versioni dell’amore del mondo, gli emissari dell’umanità compiuta si arrogano, in buona fede, il monopolio della parola legittima. Nel nome stesso dell’esigenza democratica e dell’apertura all’Altro, vogliono regnare sulla società senza confronti, senza interlocutori. Non ci riescono, certo, ma il clima è pesante, teso, opprimente, e soffoca, nel momento in cui ne avremmo più bisogno, la vita intellettuale.
* Epilogo tratto da Alain Finkielkraut, In Prima Persona, Ed. Marsilio NODI, pgg 103-105