A tutti coloro che oggi imputano la formazione di bande al solo fenomeno delle banliesues, io dico: certo, avete ragione, la disoccupazione, certo, l’emarginazione…Ma guardiamoci bene dal sottovalutare la solitudine e il senso di vergogna del ragazzo che non capisce, perso in un mondo in cui gli altri capiscono. Sono noi possiamo tirarlo fuori da quella prigione, formati o meno per farlo.
Gli insegnanti che mi hanno salvato non erano formati per questo. Non si sono preoccupati dell’origine della mia infermità scolastica. Non hanno perso tempo a cercarne le cause e tanto meno a farmi la predica….Si sono buttati. Non ce l’hanno fatta. Si sono buttati di nuovo, giorno dopo giorno, ancora e ancora…Alla fine mi hanno tirato fuori. Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita
Bisognerebbe inventare un tempo specifico per l’apprendimento. Il “Presente d’incarnazione”, per esempio. Sono qui, in questa classe, e finalmente capisco!
Un altro elemento della mia metamorfosi fu l’irruzione dell’amore nella mia presunta indegnità…
Un altro genere di incarnazione che rivoluzionò la mia vita e sancì la condanna a morte della mia somaraggine. Una donna mi amava! Per la prima volta in vita mia, il mio nome riecheggiava alle mie orecchie! Una donna mi chiamava per nome! Esistevo agli occhi di una donna, nel suo cuore, tra le sue mani…Scelto tra tutti gli altri. Io! Preferito! Io!…Amavo ed ero amato! Come poteva, tutto quell’ardore impaziente, suscitare tanta calma e tanta sicurezza? Di colpo qualcuno aveva fiducia in me! io avevo fiducia in me stesso!!
Che ricordo penoso le lezioni in cui non c’ero! …La sensazione di perdere la classe…Io non ci sono, loro non ci sono più, abbiamo mollato il colpo. Eppure il tempo passa. Io recito la parte di quello che tiene la lezione, loro fanno quelli che ascoltano…Un ispettore ministeriale potrebbe essere soddisfatto, le apparenze sono salve. Ma non non ci sono, per la miseria, oggi non ci sono, sono altrove…Non sono il professore, sono il guardiano del museo, guido meccanicamente una visita obbligatoria.
E’ immediatamente percepibile la presenza del professore calato appieno nella propria classe. Gli studenti la sentono sin dal primo minuto dell’anno, lo abbiamo sperimentato tutti: il professore è entrato, è assolutamente qui, si è visto dal suo modo di guardare, di salutare gli studenti, di sedersi, di prendere possesso della cattedra. Non si è disperso per timore delle loro reazioni, non si è chiuso in se stesso, no, è a suo agio da subito, è presente, distingue ogni volto, la classe esiste subito davanti ai suoi occhi.
Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all’insieme. ..Alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.
C’è l’appello del mattino.
Sentire il proprio nome pronunciato dalla voce del professore è un secondo risveglio. Il suono fatto dal tuo nome alle otto del mattino ha le vibrazioni da diapason.
Non posso decidermi a trascurare l’appello, anche se sono di fretta. Recitare una lista di nomi come se si contassero le pecore è inammissibile. Io chiamo i miei ragazzi guardandoli, li accolgo, li nomino uno per uno, e ascolto la loro risposta. In fondo l’appello è l’unico momento della giornata in cui il professore ha l’occasione di rivolgersi a ciascuno sei suoi studenti, anche se solamente pronunciando il suo nome. Un breve istante in cui lo studente deve sentire di esistere ai miei occhi, lui e non un altro. Dal canto mio cerco, per quanto possibile di cogliere il suo umore dal suono che fa il suo “presente”. Se la voce è incrinata, bisognerà eventualmente tenerne conto.
Vi consiglio di leggere l’intero libro: “Diario di Scuola”, Daniel Pennac. Feltrinelli.