“Le parole sono importanti” urlava Nanni Moretti in quel vecchio film. S’intitolava Palombella rossa. Le parole sono palombelle nella pallanuoto.Le parole sono pallonetti sopra la barriera. Vedi la palla salire a giro, due dita sopra la testa di quello spilungone che salta, ed entrare lì nell’angolino.
Goal!
Le parole superano le barriere e fanno goal. Un tempo le parole si distendevano in forma di parabole, parabolè. La gente andava in piazza – nell’agorà o nell’Areopago – a parabolare: a parlare. Quando sono arrivate a Roma, hanno scoperto che il padrone di casa era il dio Termino, a guardia del confine. Cioè a fare barriera. Quei due lì, essendo stati allattati dalla lupa, si guardavano in cagnesco (si può dire in “lupesco”?). Un giorno uno ha scavalcato il solco di confine e l’altro lo ha ammazzato. Si chiamavano Romolo e Remo. Erano fratelli. Fratelli coltelli. Vietato scavalcare. Vietato superare la barriera. Solo termini e niente pallonetti. Solo fines: “con-fini” ben “de-finiti”, ben “de-terminati”. I termini che venivano anche loro da Atene, dove si chiamavano “peri-metri”. Misurare attorno. Certo, questo è necessario, ma da solo è soffocante. Un giorno a Roma è arrivato Pietro, un pescatore (un peccatore) abituato a guardare l’orizzonte. Magari un piccolo orizzonte di Palestina: quello del lago di Tiberiade. Prova tu a tirar su barriere e confini sul mare. O a scavare solchi. Lui l’ha solcato in lungo e in largo quel pescoso lago. Per un po’ s’è vista una scia di schiuma bianca che pareva inseguirli a poppa, quando la barca filava veloce a fianco di quella guidata da Giacomo e Giovanni. Due belle scie bianche, parallele.
Non ne è mai rimasto niente. Pietro portava con sé una bella partita: una sessantina d’anni prima la Parola si era fatta carne. Una carne d’uomo morto in croce e risorto. Quando andavi a dire una roba così all’Areopago, i greci facevano certe facce! Lo sapeva bene quel piccoletto di Saulo, diventato Paolo (piccolo, appunto). Però Pietro e Paolo avevano visto con i loro occhi. Erano certi. “Una volta l’ho rinnegato…anzi tre, ma adesso piuttosto mi faccio ammazzare”. E hanno crocifisso anche Pietro, a testa in giù. Al “piccolo” hanno tagliato la testa. Gente pericolosa, da sterminare prima che cominci il “passa-parola”. Non ci sono tuttavia riusciti. Quella loro strana pretesa ne ha fatta di strada! Mosaici sfavillanti, un bianco manto di cattedrali, affreschi, vetrate, tavole, tele: parole per gli occhi.
E’ arrivato Cartesio e ha provato a imprigionare e parabole tra ascisse e ordinate; passano cent’anni e arrivano gli illuministi, altri cent’anni e arrivano i positivisti: tutti col metro in mano, tutti a “perì-metrare”. Sembra…finita.
Ma ecco che fiorisce un Blaise Pascal, un Leopardi, un Pascoli, un Andersen, un Ungaretti. E tornano a dire parole smisurate, infinite. Parole bambine, parole che portano frutto.
Il re è nudo.
- Tratto dal libro: Roberto Filippetti – “Il desiderio e l’allodola. Etimologie: l’attrattiva delle parole“. Itaca Libri.