Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Da: Ossi di seppia, E. Montale
E’ forse una delle più belle poesie di Montale. Il protagonista è un uomo che, riflettendo (“rivolgendomi”), si accorge della contingenza della realtà; ma non compiendo l’intero arco della conoscenza, si arresta con “terrore d’ubriaco” di fronte all’apparenza del reale, e prosegue diritto, come rassegnato, “tra gli uomini che non si voltano”, perchè mai nessuno mette a tema queste cose, ed è quindi costretto a fingere, a rinnegare, a vivere come se le cose non fossero.
Ma le cose ci sono. E se ci sono sono fatte. In questo momento le cose non si fanno da sè.
Il mistico, al contrario del nichilista, riconoscendo l’evidenza che la realtà non si fa da sè, percepisce in essa la presenza di chi la fa, la presenza del Mistero.