In sé il potere non è nè buono né cattivo, ma riceve il proprio senso solo dalle decisione di colui che lo esercita. Per sé, esso non è neppure costruttivo, me è pura possibilità di tutto questo, perchè è retto essenzialmente dalla libertà. Se non la libertà a determinarlo, se l’uomo cioè non vuole qualche cosa, allora nulla avviene, ovvero si ha mescolanza di abitudini, di impulsi incoerenti, di stimoli casuali, cioè un caos.
Il potere rappresenta perciò indifferentemente la possibilità di ciò che è bono e positivo e il pericolo di ciò che è cattivo e distruttore. Tale pericolo cresce in diretto rapporto con la misura del potere ed è ciò di cui noi oggi, a volte con subitaneità terrificante, siamo divenuti consapevoli. Il pericolo può provenire inoltre dal fatto che del potere disponga una volontà che ha un orientamento morale falso, ovvero non sente più nessuna obbligazione morale.
Può anche avvenire che dietro di esso non ci sia più alcuna volontà a cui ci si possa rivolgere, nessuna persona che risponda, ma solo una organizzazione anonima, in cui ciascuno è guidato e sorvegliato dalle istanze immediatamente contigue ed appare perciò privato della propria responsabilità. Un simile pericolo diviene particolarmente minaccioso, come lo constatiamo sempre più, quando a vista d’occhio si attutisce il senso della persona, della sua dignità e responsabilità, il senso dei valori personali della libertà, dell’onore, della originalità dell’agire e dell’esistere. Il potere allora assume un carattere che non si può individuare, se non alla lice della Rivelazione: esso diviene demoniaco.Quando l’azione non è più sorretta dalla coscienza personale un vuoto singolare si determina in colui che agisce. Egli non ha più il senso di essere lui ad agire, il senso che l’azione cominci da lui e che egli perciò ne debba rispondere. Sembra che egli non esista più in quanto soggetto e che l’azione passi semplicemente attraverso di lui, semplice anello di una catena. Lo stesso avviene nei rapporti con gli altri: egli non può far appello ad alcuna autentica autorità, perchè questa presuppone la persona, la quale con le sue facoltà sta direttamente di fronte a Dio e risponde si sè davanti a Lui. Si diffonde sempre più la sensazione che non s sia un “qualcheduno” che agisce, che dell’accadiment risponda qualcosa di indefinito, che non si può in nessun luogo afferrare, che non si presenta davanti a nessuno, che non risponde a nessuna domanda. Il suo comportamento viene avvertito come necessario, il singolo perciò vi si abbandona. […]
Il vuoto che si forma non dove la persona scompare, poiché essa non può essere né rigettata dall’uomo né tolta all’uomo, ma là dove essa viene ignorata, negata, violentata, non si limita a rimanere tale: ciò significherebbe che in un certo modo l’uomo diventa un essere naturale e la sua potenza una energia della natura. IL che non è possibile. In verità quel vuoto rappresenta una infedeltà divenuta atteggiamento permanente e là dove manca il padrone, si avanza un’altra iniziativa, quella demoniaca. Nella sicurezza della sua fede nel progresso, il secolo diciannovesimo ha deriso la figura del demonio, diciamo più onestamente e più esattamente, di Satana; ma chi è capace di vedere non ride. Sa che egli esiste ed è al lavoro.
Tratto dal testo: La fine dell’epoca moderna. Il potere – Morcelliana