Esistenza e Ragione

Breve dialogo scritto da Alessandro Luciano, brillante ex studente del Volta, messo in scena a scuola durante una giornata della Creatività.

Existentia: Tu mi uccidi, Ratio.

Ratio: Se sono io ad ucciderti, allora la morte è la verità.

Existentia: Che la morte sia la verità, come dici, può anche essere. Ma se la realtà non si fermasse al tuo giudizio? Se andasse oltre?

Ratio: Non posso escluderlo. Ma anche fosse, tu non potresti mai saperlo. Potresti solamente fantasticare.

Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c’è un’infinità di cose che la sorpassano. È ben debole, se non giunge a riconoscerlo.

(Blaise Pascal)

Existentia: Allora perché mi chiedi cose cui non mi consenti di rispondere? Perché mi fai domande cui tu stessa non sai replicare? E’ crudele, Ratio. Ed è anche imbarazzante, almeno per te.

Ratio: Chiedo perché posso, e non rispondo perché non posso.

La ragione umana, anche senza il pungolo della semplice vanità dell’onniscenza, è perpetuamente sospinta da un proprio bisogno verso quei problemi che non possono in nessun modo esser risolti da un uso empirico della ragione… e così in tutti gli uomini una qualche metafisica è sempre esistita e sempre esisterà, appena che la ragione s’innalzi alla speculazione.

(Immanuel Kant)

Existentia: Ratio, tu mi offendi. Parli con supponenza, ti rivolgi con stizza, sei fredda e insensibile. Parli a me aspettandoti riconoscenza, soddisfazione, e ti sorprendi quando mi dispero. Ma mi dispero perché le tue risposte mi fanno schifo, ecco, schifo! Io mi sono ritrovata in un mondo ostile, io sono nata in una culla di sofferenze, io sono stata schiava delle circostanze, e ciononostante ho cercato la verità, perché fu detto: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Tu, invece, neghi la possibilità di conoscere verità al di fuori delle tue bieche, inutili, e ripugnanti deduzioni. Io anelo a una verità che tu mi neghi, io desidero la risposta a quelle domande che per te sembrano così futili, così… elegantemente trascurabili! Io, Ratio, sono morta, e tu mi hai ucciso.

Ciò di cui ho veramente bisogno è di chiarire nella mia mente ciò che devo fare, non ciò che devo conoscere, pur considerando che il conoscere deve precedere ogni azione. La cosa importante è capire a che cosa sono destinato, scorgere ciò che la Divinità vuole che io faccia; il punto è trovare la verità che è vera per me, trovare l’idea per la quale sono pronto a vivere e a morire

(Soren Kierkegaard)

Ratio tace.

Existentia: E cosa dovrei sostituire al vuoto che hai creato? La potenza? La volontà? Essa è solo un motore che romba in un universo vuoto. Dovrei godere? Perseguire l’utile? Se lo facessi, mentirei a me stessa. Non posso ingoiare una pillola di zucchero consapevole che non sia una medicina, non avrebbe effetto. E se quello è zucchero, anche lo zucchero è diventato amaro.

Ratio: Ricordati, Existentia, io non posso dirti cosa fare, ma solo come conoscere.

Existentia: E allora, alla fine, mi sei inutile! Tu, se sei chi dici di essere, non puoi aiutarmi.

Esiste un punto d’arrivo, ma nessuna via

(Franz Kafta)

Esse entra in scena.

Ratio: Chi sei?

Esse: Non pensavo che me lo avresti chiesto proprio tu. Tu mi conosci, fosti creata per questo. Tu dovresti essere una finestra spalancata su di me, dal cui davanzale Existentia possa contemplarmi. E lo fosti. Ma poi le cose cambiarono, e mutò la tua natura. Decisero di focalizzarti su una parte di me, affinché essa si potesse conoscere con più sicurezza. Il risultato fu straordinario, ma mai quanto il prezzo. Essi infatti ridussero deliberatamente il tuo angolo di visuale, cosa perfettamente lecita, purché alla fine del processo non ci si dimentichi di aver intenzionalmente operato tale restrizione. La loro svista non fu nell’atto della tua riduzione, necessaria al metodo scientifico, ma nella sua dimenticanza, per cui confusero la realtà intera con una sua semplificazione.

Ratio: Potrebbe essere così, Esse. Forse questo sono io.

Esse: E tu, Existentia, non farti intimidire dalle parole dure di Ratio, che cerca solo di fare il suo mestiere. Rifletti su quanto ho detto e sentirai una brezza, uno spiraglio nuovo che sembrava inesistente, un raggio di luce. Non ti sarà più negato il confronto con le tue domande; forse la loro risposta rimarrà nel mistero, ma ora che le finestre sono spalancate, affacciati.

Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.

(Giovanni 8,12)

Fides entra in scena.

Fides: Eccomi, dunque. Nasco dalla ragione per l’esistenza. Nasco dalla categoria della possibilità dell’assoluto cui tu, Ratio, ti sei nuovamente aperta. Ora, Ratio, prendi la mia mano. Ci accompagneremo a vicenda come facemmo quando Esse venne in Terra, e si mostrò all’umanità. Fu difficile anche per coloro che furono più vicini a Lui non essere abbagliati dalla sua luce. I Vangeli narrano proprio quel nostro cammino, insieme, nelle menti di chi per primo vide e testimoniò. Existentia, mi rivolgo ora solo a te.

Un giorno il viandante chiuse la porta dietro di sé e pianse. Poi disse: questo ardente desiderio del vero, del reale, del non apparente, del certo, come lo odio…

(La gaia scienza, Nietzsche)

Fides: Eccoti la scelta.

Quello che t’ho già detto tante volte te lo ripeto qui, anzi te lo grido: o questo o quello, amico mio! Aut-Aut!

Soren Kierkegaard

Fides: Puoi chiudere la porta alla speranza acquattata in fondo al tuo cuore, trasmessati da tutto ciò che ti anticipa nella storia: questo evidente desiderio del vero, del reale, del certo. Puoi ribellarti ed eludere le domande di cui parlavi prima, e nel ribellarti affermare la tua libertà assoluta. Puoi fare come un bimbo che si ripara la faccia con il gomito, e non guarda, non vede. Oppure puoi essere come il bambino del Vangelo cui è promesso il regno dei cieli, con gli occhi sgranati di fronte alla vita e con la ragione aperta ai suoi misteri.

O ci si spalanca o ci si corruccia, e questa è la scelta cruciale dal punto di vista religioso comune agli uomini di tutti i tempi.

(La coscienza religiosa dell’uomo moderno, Luigi Giussani)

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